Spiegare Vasco, De Gregori, De André, Gaber, il rock'n'roll, i Beatles a mio figlio, fargli capire persino cos'era un 33 giri, è una maledettissima impresa. Non perché non ascolti musica: perché generalmente non gliene frega nulla. Il dialogo tra questa generazione e quella dei padri, cioè la mia, si incaglia in modo desolante nell'ingorgo dei media cui a fatica un padre riesce a star dietro. Paradossalmente però, la generazione dei padri, cioè la mia, riversa - o peggio ancora - vomita addosso a quella dei figli molti più contenuti di quanto sia avvenuto in passato. Lo fa in modo emotivo, insistente, spesso persino arrogante, sottintendendo il tradizionale "tu non capisci niente". E così si rischia un'incomunicabilità assoluta. La musica pop è uno dei massimi esempi di questa incomunicabilità. I ragazzi ascoltano la musica in misura nettamente maggiore di quanto lo facessimo noi, ma spesso, almeno così si dice, in modo più superficiale. Lo streaming, la musica liquida è tanto comoda e accessibile, ma rende tutto più volubile. Nessuno distingue più nulla. E così, quando un padre come me ascolta o parla di una canzone pop che gli ha cambiato la vita, e di questo ne è assolutamente sicuro, e cerca di trasmettere le proprie emozioni ai figli, prova un senso di frustrazione devastante. Il libro contiene le risposte a queste domande. Spiegare Vasco, Faber, i Beatles e molto altro a mio figlio è una maledettissima impresa, un lavoro sporco. Ma qualcuno, finalmente, deve pur farlo.