Elizabeth Bishop ha scritto che il segreto della poesia è costituito da "Spontaneità, mistero, accuratezza" e ha aggiunto "in quest'ordine". Daniela Attanasio sembra conoscere molto bene la formula di questo segreto, Vivi al mondo giunge ad una sintesi dei tre elementi, una lingua tangibile e leggerissima, dolorosa eppure lucente. Nel dettato del verso lungo la tensione procede senza cedere, capace di aprirsi, coagularsi in profondità, sciogliersi nella levità quasi ironica del gioco. Attanasio trova un ritmo ampio, confinante con la prosa, precisamente musicale; proprio da un'autrice appartata ed estranea alle mode arriva un'opera pienamente contemporanea, esito di grande eleganza e naturalezza, per una ricerca portata avanti dalle generazioni più giovani. Accade talvolta in letteratura che i maestri in ombra siano radar puntati verso il futuro, capaci di cogliere la cifra stilistica della propria epoca innestandola in una materia a lungo attorta e amata; è la sensazione con cui si entra nello spazio di Vivi al mondo, uno spazio spesso illuminato da una luce che arriva di taglio: chiarezza che entra di sbieco a rivelare la pulviscolare presenza dell'aria, dalla finestra di una stanza, tra molte altre, nell'allargarsi dell'inquadratura. Questo spazio è per l'appunto vivo, abitato da molteplici esistenze, quasi tutte sul punto di andarsene. Che siano corpi amati che non si staccano dall'anima, uccelli in volo improvvisamente aùguri, parvenze abituali che attraversano il quartiere, si tratta sempre di creature liminari, colte in punta di piedi in un'intermittenza di vivere e morire. Daniela Attanasio mostra questo tratto misterioso della morte, lo dimostra attraverso la resistenza della vita; nel dopo, sul margine di un'ombra che da un momento all'altro può diventare assolata, di un'acqua che non è abisso, anche se comprende la possibilità di sprofondare.