"Le passioni dell'anima" viene dato alle stampe nel 1649, pochi mesi prima della morte dell'autore. Inizialmente non destinato alla divulgazione, prende forma a partire da due corrispondenze private intrattenute rispettivamente con la principessa Elisabetta di Boemia e con la regina Cristina di Svezia. Elisabetta di Boemia e Descartes portano avanti un ampio carteggio incentrato sull'analisi del rapporto tra res cogitans e res extensa, le caratteristiche dell'individuo come soggetto morale e il ruolo delle passioni nella vita umana, in un dialogo che è sia filosofico e analitico sia intimo e curativo. L'epistolario con Cristina di Svezia, invece, tenta di ricostruire le passioni "per via genetica" e di definire le modalità migliori per farne buon uso. Tutti questi temi si trovano, approfonditi e sistematizzati, ne "Le passioni dell'anima", dove Descartes si propone di analizzare "in quanto fisico" il meccanismo fisiologico che produce come effetto nell'anima i sentimenti, analizzati nelle loro forme semplici e successivamente nelle loro combinazioni. Il trattato costituisce anche una sorta di "medicina dell'anima" nella prospettiva del dominio razionale sulle passioni visto come concreta possibilità di guarigione dai turbamenti e da quelle alterazioni fisiche che, in ottica cartesiana, possono essere ricondotte a una radice morale.