Priva di radici accertabili, sganciata dalla sequenzialità di un prima e un dopo, l'opera d'arte abbatte le barriere del tempo e ci proietta in uno spazio estraneo al progresso. Che l'arte non evolva, cioè non proceda per via di un lineare sviluppo temporale ma sia invece capace di introdurre novità di cui non c'era sentore in precedenza, è la tesi di questo saggio sulla poetica dell'immortalità in Gino De Dominicis. Un'indagine su un enigma - quello della creazione ex nihilo - e una meditazione sull'origine di tutte le cose. Guercio prende le mosse dal lavoro più emblematico e controverso dell'artista, la Seconda soluzione d'immortalità (l'universo è immobile), esposto nel 1972 alla Biennale di Venezia in una sala che è la summa delle riflessioni di De Dominicis e che viene subito chiusa al pubblico per lo scalpore che desta. Motivo dello scandalo è la presenza di un giovane veneziano affetto dalla sindrome di Down. Posto davanti a tre oggetti sul pavimento - una pietra, una palla di gomma e il perimetro di un quadrato bianco - Paolo Rosa non rappresenta una mera provocazione come pensano i più reazionari (di destra e di sinistra), ma è il fulcro attorno al quale si dispongono gli altri elementi, la chiave di tutto l'insieme. Grazie alle molteplici dinamiche che questa figura innesca, l'artista conferisce all'opera una facoltà senza precedenti: aprire una breccia nell'eternità...