Il corpus di idee politiche che Daniel Pipes chiama "cospirazionismo" si formò oltre due secoli fa, quando alcuni avversari della Rivoluzione francese attribuirono ai propri nemici un'intenzione diabolica di dominio del mondo e una sovrumana capacità di pianificazione. Queste paure, che prendono in particolare di mira le società segrete e gli ebrei, si possono peraltro rintracciare anche in epoche molto lontane. La storia che Pipes racconta risale infatti fino alle Crociate (alla nascita dell'Ordine dei Templari) e mette in scena intellettuali (Spengler, Chomsky), demagoghi (Marr, Farrakhan), dittatori (Hitler, Lenin, Stalin), leader insospettabili (Disraeli, Churchill), misteri insoluti (l'assassinio di Kennedy, di Martin Luther King, di Malcolm X), casi di cronaca (il processo a O. J. Simpson, il pestaggio di Rodney King a Los Angeles), società pseudosegrete (massoneria, Illuminati di Baviera, Ku Klux Klan), grandi famiglie (Rothschild, Rockefeller, Ford). L'"ossessione del grande complotto" è un pericoloso impasto di malessere psicologico e di malafede culturale, ha radici religiose, economiche e ideologiche molto profonde e ha indubbiamente cambiato il corso della Storia. Ma oggi? Secondo Pipes le teorie della cospirazione sono più vive che mai, in Occidente e nel mondo musulmano, come dimostrano molte congetture paranoiche formulate intorno all'11 settembre, alla guerra in Iraq e alla tragedia di Beslan.