Il titolo d'ascendenza fortiniana, allude anzitutto alla parola come strumento di azione e di lotta, ma lascia trasparire anche la dolorosa percezione del nulla che percorre le quattro vicende poetiche prese in esame: al centro vi è la relazione tra il tempo e il concetto di utopia ad esso collegato. Attraverso l'uso dei tempi verbali si registra da un lato un'azione nullificante, dall'altro le si oppone un al di là che, se non è salvezza, rappresenta almeno una possibilità alternativa al qui e ora. Così il presente e l'imperfetto di Penna stanno a significare una temporalità non conclusa, un continuo ripetersi del desiderio trattenuto sulla soglia della fine; il presente di Caproni, invece, dopo un'iniziale coincidenza con la poetica penniana, viene deviato dall'ingresso della Storia verso un futuro senza speranza; al contrario, Fortini rifiuta di ridurre il tempo all'hic et nunc e carica i propri versi d'attesa per una realtà che non è ancora; la poetica di Sereni, infine, è complementare a quella di Fortini e si fonda su una doppia temporalità: la prima legata al tempo storico, l'altra che va contro il tempo e contro la storia e che ipotizza un'altra dimensione dell'essere.