L'armistizio del settembre 1943 segnò la fine di quasi tutte le forze corazzate italiane "regie", e per altri mille giorni i carristi repubblicani tennero operativi piccoli reparti, sempre alle prese con difficoltà per quanto riguarda la necessità di regolari riparazioni-revisioni e di scorte. Reparti appena sufficienti ai loro compiti, certo non a contrastare gli Alleati in prima linea. Questo, in linee generali, lo si è sempre saputo, ma solo di recente l'argomento viene approfondito più dal punto di vista militare, senza che l'aspetto politico prevalga. Se è vero che il numero e la qualità dei blindati e corazzati usati dai reparti della R.S.I. non è certo paragonabile a quello di altri reparti similari dell'Asse nello stesso periodo, ciò non toglie nulla all'interesse che rimane vivo, ad ormai settant'anni di distanza. Come si potrà constatare nelle pagine seguenti, un complesso di circostanze fece sì che da un lato i pochi mezzi italiani veramente adeguati al compito vennero prodotti per le forze armate tedesche, sotto il diretto controllo di organi tecnici tedeschi, secondo una politica già applicata da tempo in altri paesi, mentre i carristi della R.S.I. dovettero mettere in campo l'italica arte dell'arrangiarsi, nel recuperare mezzi spesso non certo efficienti né "up to date" come nel caso dell'unico carro M11/39, bocciato dalla spietata selezione del campo di battaglia già nel 1940.