Questo libro ha la presunzione di parlare della fragilità e per questo deve parlare anche del dolore che accompagna alcune stagioni della fragilità. Ma non si può veramente parlare del dolore: non ci sono le parole per raccontare veramente il dolore, il dolore non può essere mai raccontato del tutto, può solo essere evocato. Si può, e forse si deve, parlare di fragilità che non è una caratteristica di alcuni perché in fondo non esistono "persone disabili". Il concetto stesso di disabilità risponde a un bisogno di classificazione e quindi a un bisogno di distacco da ciò che spaventa: il disabile viene incasellato in una categoria per dire che "noi non apparteniamo a quella categoria, che noi siamo normali!". Ma non esistono normali, né disabili: esistono uomini che sono per loro stessa natura fragili: ciascuno a suo modo, sulla sua pelle, nel suo tempo, in un preciso spazio. Quella fragilità è prima di tutto caratteristica, condizione che può essere vissuta ora come una condanna, ora come una grande occasione. Forse le persone dette disabili imparano semplicemente prima a negoziare con la fragilità. Non lo so se questo libro riesce anche solo lontanamente a dire tutto questo.(L'A)