Lo proclamarono Santo come Pietro da Morrone eremita sulla Maiella, giammai come Celestino V Papa, ossia colui che abbandonò trono e tiara dopo cinque mesi di drammatico papato trascorsi tutti a Napoli, nel Castelnuovo angioino. Nel suo cranio è stato trovato il buco di un grosso chiodo quadrato. Non lo dichiararono martire perché non potevano accusare di assassinio il suo successore Benedetto Caetani eletto Papa a Napoli col nome di Bonifacio VIII, il quale, dopo aver indotto Celestino alle dimissioni, lo inseguì per l'Italia e lo tenne prigioniero fino alla morte. E non è dell'umile Pietro che parla Dante Alighieri quando vede nell'Inferno "l'ombra di colui che fece per viltade il grande rifiuto". Non fu viltà, bensì coraggio, umiltà, rifiuti del potere, desiderio di purificazione e solitudine; tutta la lunghissima vita di Pietro da Morrone, i miracoli, le vicende grandiose, terribili, torbide e affascinanti di un intero secolo - il 1200 - si svolgono fra i monti dell'Abruzzo e Roma, la Provenza e la Napoli angioine, la spiaggia di Vieste e il palazzo papale di Anagni dove si concluse anche il burrascoso regno di Bonifacio VIII, il Papa che inventò (nel 1300) il Giubileo.