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In un articolo del 1999 Nathalie Heinich proponeva di considerare l'arte contemporanea come un "genere" dell'arte, con precise specificità e distinto tanto dall'arte moderna quanto dall'arte classica. Quando quindici anni dopo torna sulla questione, la querelle sull'arte contemporanea non si è ancora spenta; anzi, è rinfocolata dall'esplosione dei prezzi e dalla spettacolarizzazione delle proposte artistiche accolte in seno alle istituzioni più rinomate. Più che un genere artistico - azzarda l'autrice - l'arte contemporanea ha inaugurato addirittura un nuovo paradigma. Secondo l'accezione che l'epistemologo Thomas Kuhn ha dato a questo termine, ogni nuovo paradigma si impone sul precedente al costo di una violenta rottura e di una ridefinizione delle norme che regolano un'attività umana. Nel campo delle pratiche artistiche il terremoto ha investito il sistema di valori che determinano cosa sia legittimo far passare per arte. All'ordine del giorno non è più la bellezza né l'espressione dell'interiorità - come esigevano i paradigmi precedenti - ma la tendenza a trasgredire i limiti spostando l'orizzonte del possibile sempre un po' più in là. A essere in vigore è il "regime di singolarità", che privilegia per principio tutto ciò che è innovativo. Heinich ripercorre le tappe di questa rivoluzione, a partire dalla premiazione di Rauschenberg alla Biennale di Venezia del 1964 e dalle feroci reazioni che suscitò. Ne racconta gli effetti sui meccanismi del mondo dell'arte, evidenziando come sono mutati i criteri di produzione e circolazione delle opere, lo statuto dell'artista, il ruolo di intermediari e istituzioni. Il suo è un punto di vista esterno al sistema: da sociologa, conduce un'indagine rigorosa e imparziale, traboccante di aneddoti impiegati come preziosi strumenti analitici. Lo scopo non è fornire armi all'accusa o alla difesa nel processo contro l'arte contemporanea, ma descrivere la realtà dei fatti. Solo prendendo atto del cambio di paradigma è infatti possibile sgomberare lo sguardo da categorie sorpassate e avvicinarsi all'arte contemporanea non per approvarla o deprecarla ma semplicemente per comprenderla.