In Iraq sognava dignità e pace; la violenza del regime lo respinge lontano.Nei momenti più difficili i piedi lo portano nel bosco. Camminando sulle pietre, ritrova il ritmo lento della sua terra.Gli alberi che lo accolgono sulle Alpi svizzere non sono le palme da datteri o i melograni fiabeschi di sua nonna, eppure parlano la sua lingua. Parlano l'arabo della poesia, della calligrafia, non quello della violenza e della menzogna.Quando il fratello Ali, che ha scelto di restare a Bagdad, scompare, il tronco generoso di un abete rosso lo sostiene nel suo sgomento.E se c'è un albero per l'incertezza, e per la morte, c'è anche un albero per la pazienza, per la speranza, un albero per il sogno.Le telefonate in Iraq, l'ansia per il fratello, il caos rovinoso in cui il suo paese sprofonda anche dopo la caduta di Saddam lo triturano come un mortaio gigante.Gli alberi gli insegnano a piegarsi e muoversi nel vento, ad ascoltare se stesso; a ritrarre il dito dalla polvere del passato e pensare a un nuovo inizio.