Mai prima del 6 aprile 2009 l'Abruzzo aveva conosciuto tanta notorietà internazionale: potenza non solo distruttiva di un terremoto. Ma qual è l'immagine dell'Abruzzo rimbalzata da un capo all'altro della terra, nei giorni e nelle settimane seguiti al sisma? Quali le trame narrative - il discorso pubblico - che vi hanno intessuto sopra il potere e l'informazione? Raramente, secondo lo storico abruzzese Costantino Felice, si è assistito a un'esplosione di stereotipi identitari così enfatica e insistita. Lo slogan di un «Abruzzo forte e gentile» è stato quello più supinamente reiterato e condiviso, ma anche l'immagine del pastore dannunziano e del cafone siloniano hanno fatto la loro parte. Nel corso dei secoli, infatti, la presenza di una natura particolarmente aspra e ostile ha indotto a declinare la storia dell'Abruzzo, e del Sud Italia in genere, in base ai difficili processi d'interazione tra uomo e ambiente. Ma in che misura l'imponente geografia dei luoghi e le dinamiche economico-sociali che ne sono derivate hanno forgiato il carattere degli abitanti, condizionandone scelte e comportamenti? Se ne può desumere una peculiare identità regionale? Con l'occasione del terremoto, Felice ripercorre criticamente, con sintesi d'impianto storico rapide ma meditate, le principali tappe del lungo e tormentato dibattito intorno a un nodo cruciale: i presunti tratti identitari di una comunità quale retaggio dei quadri ambientali e delle sedimentazioni culturali.