Fra tutti i libri di René Guénon "L'uomo e il suo divenire secondo il Vedanta" è forse quello che più di ogni altro mostra l'impalcatura del suo pensiero. Sottintendendo, natualmente, che tale pensiero non pretende di inventare nulla, ma soltanto di esporre con la massima precisione un pensiero che da sempre è: la Tradizione primordiale, la cui dottrina, secondo Guénon, non traspare mai con altrettanta precisone come nel pensiero vedantico. Ma che cos'è il Vedanta? Una delle sei 'visioni' ('darshana') che, secondo le più antiche testimonianze indiane, ci permettono di capire ciò che è. Tutte 'vere', ma ciascuna in rapporto a un certo livello della realtà. Il più alto, che consente di inglobare in sé ogni altro, è appunto quello del Vedanta, "il ramo più puramente metafisico di tali dottrine". Così si può dire che il Vedanta è una sorta di dottrina suprema. Nessuno ha saputo esporla in Occidente con l'evidenza assoluta che incontriamo in questo libro di Guénon. E nessuno ha saputo sgomberare il campo, con gesto altrettanto autorevole, dai numerosi, tipici equivoci occidentali intorno a tale dottrina, considerata da tanti una filosofia o una religione o "qualche cosa che partecipa più o meno dell'una o dell'altra", mentre non è in verità nulla di tutto questo. Come scrisse Daumal: "Se Guénon parla del Veda, pensa il Veda, è il Veda". E' perciò naturale che proprio in questo libro Guénon si soffermi sugli aspetti costitutivi, sulla composizione fondamentale dell'uomo, del mondo e della realtà extra-cosmica - e a queste pagine occorre sempre tornare quando Guénon, in altre opere, applica le categorie qui delineate.